Viaggio tra le fonti elettroniche #1 | I primi libri in italiano degli anni Settanta

di Laura Zattra*

[«C’è un profondo oceano, in fondo al quale abitano meravigliose fonti. Libri, fotocopie, pezzetti di carta, appunti, partiture, strumentazioni analogiche, sintetizzatori, stampate di patch, vecchi computer, strumenti impolverati, pezzi di software… In mezzo a queste fonti troviamo delle perle. Con questa rubrica ci immergeremo nell’oceano della musica elettronica per scoprirne alcune. Soprattutto italiane». Laura Zattra]

«A metà degli anni Settanta, i libri di musica elettronica messi uno accanto all’altro occupavano una mensola piccola piccola. Coprivano sì e no 20-30 cm». Così ha raccontato Simon Emmerson, compositore e musicologo, con un sorriso lieve, quasi colpevole. Erano libri in varie lingue, volumi per la prima volta interamente dedicati alla musica con le nuove tecnologie.
Emmerson ha pronunciato queste parole nel 2016, dal palco del simposio “Alternative Histories of Electronic Music”, al Science Museum Research Centre di Londra, in due giornate benedette dal sole tiepido di aprile. Ricordo che nel suo discorso da invited speaker, Emmerson fece una lista dei volumi.
Con orgoglio patriottico notai che tra i libri citati da Emmerson, ben due erano in italiano!
In questo articolo partirò da questi due volumi, e ne vedremo alcuni altri. Furono i libri, tutti ormai fuori stampa, che mostrarono agli italiani quanto la musica elettronica, i suoi strumenti, i suoi compositori e le loro opere, meritassero una trattazione storica ed estetica sistematica.

Armando Gentilucci: un percorso engagé

Nel 1972 esce Introduzione alla musica elettronica (Feltrinelli), il primo libro in italiano con la dicitura Musica Elettronica nel titolo. Per molti anni fu l’unico testo divulgativo in italiano interamente dedicato all’evoluzione della musica con le nuove tecnologie.
Armando Gentilucci (1939-1989) – compositore, musicologo e critico – utilizzava fin dal titolo il termine ‘elettronica’, che come sappiamo potrebbe infondere un certo imbarazzo confondendosi con la scuola elettronica dello studio di Colonia. Col senno di poi, tuttavia, bisogna ammettere che nel bene e nel male questa espressione è rimasta di uso assai più comune rispetto alle etichette ministeriali.
Gentilucci ripercorre la storia partendo dai primi strumenti elettronici (Ondes Martenot, Trautonium, organo Hammond), per passare ai tre studi di Colonia, Parigi e Milano ed altri nel mondo, fino ad arrivare alla fine degli anni Sessanta. Fa cenno alle opere, ai compositori e ad elementi di fisica e acustica.
Per chi ama studiare il rapporto tecnologia/musica/società il libro è una fonte preziosissima. Innanzitutto perché fu Gentilucci il primo a decidere cosa inserire tra le esperienze meritevoli di far parte della storia. E dunque incluse molti nomi del grande network di cui egli stesso faceva parte, una rete di persone che stavano sperimentando senza freni con i nuovi suoni, all’estero ma soprattutto in Italia.

In secondo luogo, il libro è appassionante se letto in ottica diacronica. A volte i giudizi di Gentilucci fanno sorridere, come quello espresso qui sotto nei confronti dei primissimi lavori di computer music, anzi musica al calcolatore o all’elaboratore (come veniva chiamata all’epoca).

«Certo è facile e anche accettabilissimo pensare al computer come a un archivio di dati musicali, a un calcolatore rapidissimo di possibilità, utile al fine di automatizzare talune operazioni preventive all’atto vero e proprio del ‘comporre’ […]. Ma è anche chiaro che un sistema introdotto in una macchina può essere forzatamente chiuso, monodirezionale, schematico […]. Arduo individuare il nesso fra continuità e novità, in seno alla tecnologia musicale. Infatti, è davvero curioso che proprio nella fase storica in cui viene scongiurata la soppressione dell’interprete grazie all’integrazione di elementi sonori sintetici e registrati con altri eseguiti ‘dal vivo’, si ipotizzi, con la diffusione del computer, addirittura l’eliminazione del compositore. Si tratta di una regressione meccanicistica che non a caso ha preso le mosse dal clima culturale statunitense [corsivo mio]» (pp. 104-105).

Tutta la citazione è significativa, ma le ultime parole in particolare si spiegano alla luce delle posizioni politiche di Gentilucci. Grazie a lui, nel 1973 a Reggio Emilia era nato l’articolato programma chiamato Musica/Realtà. Gentilucci ne fu promotore assieme a Luigi Pestalozza. Ben presto, i due coinvolsero anche gli amici Luigi Nono, Claudio Abbado, Maurizio Pollini, Giacomo Manzoni, Piero Santi, Vittorio Fellegara, Enrico Fubini, oltre al sindaco dell’epoca Renzo Bonazzi, intellettuali e arstisti engagés su piano musicale, culturale, sociale e politico.
Di questo libro si trova ancora qualche copia in qualche sito del libro usato. Vale la pena approfittarne se si vuole non solo leggere su carta un volume fondamentale (cosa che personalmente preferisco, anche se è possibile scaricarlo in pdf, scansionato da qualche appassionato anonimo). Ma soprattutto, consiglio di acquistarlo se si ha la passione di possedere una fonte importante e rara.

Henri Pousseur: un belga a Milano

Luciano Berio e Henri Pousseur (1929-2009) si incontrano nel 1956 ai famosi Ferienkurse di Darmstadt. Berio lo invita subito a lavorare allo Studio di Fonologia della RAI di Milano. Pousseur ci arriva in treno, e lì realizza Scambi, tipico lavoro multiforme nello spirito dell’approccio alla forma aperta che finalmente scardinava la rigidità del serialismo integrale.
Il legame di Pousseur con l’Italia dura per tutta la vita tanto che nel 1976 cura il volume, con prefazione proprio di Berio, La musica elettronica, non tanto una monografia quanto una raccolta di articoli (anche in questo caso l’editore è Feltrinelli).

Se il volume di Gentilucci del 1972 si poneva l’obiettivo di tracciare una storia/sociologia della musica con le nuove tecnologie (pensato anche per coloro che non fossero propriamente un conoscitore), questo volume di Henri Pousseur del 1976 si presentava al contrario come un volume per addetti ai lavori.

La musica elettronica ha costituito a lungo un punto di riferimento in Italia per insegnanti, compositori, musicisti, studenti, e musicologi che in esso hanno potuto leggere gli articoli più significativi (tradotti in italiano) pubblicati dai protagonisti della musica elettroacustica, dal Futurismo fino al 1976. Gli scritti (di Berio, Russolo, Varèse, Cross, Boulez, Stockhausen, Lietti, Pousseur, Hiller, Mathews, Zinoviev, Chowning, Koenig, Tenney, Johnson, Reich, Parent, Chadabe, Tempelaars, Gabura e Ciamaga) sono stati sapientemente organizzati da Pousseur per tematiche, ciascuno introdotto e seguíto, cosa rara, dai commenti dello stesso Pousseur che chiarisce e collega i vari interventi o addirittura spiega al lettore la terminologia specialistica.

Per noi che leggiamo il volume oggi, risulta evidente la maggiore consapevolezza di Pousseur – rispetto a Gentilucci – nei confronti dell’impatto delle nuove tecnologie. Non solo proprio per la scelta dei grandi protagonisti e dei loro scritti, ma anche per una visione più aperta. Egli infatti volle mostrare il grande spettro delle sperimentazioni con la tecnologia, che ormai toccava a raggiera diverse forme d’arte e categorie della società: il voltage control, la musica minimale e processuale, la modulazione di frequenza, i sintetizzatori, la musica che va oltre il rituale del concerto, la musica elettronica viva (live electronic music).

Qui si trova il link all’indice del volume, in un sito per il quale curai in passato la parte della letteratura specialistica italiana (nello stesso sito trovate gli indici degli altri volumi citati in questo articolo).

Purtroppo attualmente il libro di Pousseur, ovviamente fuori stampa, è introvabile sul mercato, perfino in quello del libro usato (circolano però fotocopie o scansioni sul web). È possibile tuttavia consultarlo in molte biblioteche italiane, o nelle case dei compositori e artisti elettronici che ebbero la fortuna di acquistare il volume quando uscì.

Altri tre volumi storici irrinunciabili

Nel 1980 esce un volume curato da Alvise Vidolin – tra i promotori e fondatori del Centro di Sonologia Computazionale dell’Università di Padova – dal titolo Musica e elaboratore. Orientamenti e prospettive, Venezia, La Biennale, 1980.

Primo libro italiano completamente dedicato alla computer music (il computer si chiamava allora ‘elaboratore’), con contributi di Risset, Buxton, Koenig, Moorer, Charles, Wessel, Xenakis, Truax, Roads, Clements, De Poli, il volume indica l’avvenuto passaggio dalla tecnologia analogica alla informatica. Fu inoltre importante perché segnò l’inaugurazione del LIMB (Laboratorio per l’Informatica Musicale), una struttura che unì per tutto il decennio La Biennale di Venezia e il CSC e che servì a promuovere studi, ricerche e composizioni nel campo della Computer Music. Il volume è considerato una rarità sul mercato del libro usato.

Il secondo volume si intitola Nuova Atlantide: il Continente della musica elettronica 1900-1986 (Venezia, La Biennale 1986), un corposo libro-catalogo uscito in occasione della mostra omonima organizzata dalla Biennale di Venezia del 1986 (una mostra-evento che presentava e ricostruiva le esperienze elettroacustiche dal 1900 in poi). Per l’indice del volume cliccare qui.

Il terzo libro infine, uscito 10 anni più tardi, si intitola Il complesso di Elettra. Mappa ragionata dei centri di ricerca e produzione musicale in Italia (Roma, CIDIM, 1995), «un titolo multiforme per una realtà multiforme, articolata, musicale e al tempo stesso scientifica, della quale si offre in questo volume un primo censimento italiano» (dal risvolto di copertina). Per l’indice del volume cliccare qui. Anche in questo caso si tratta di un libro importante perché nella seconda parte presenta il censimento dei centri, strutture e scuole di musica elettronica esistenti fino alla prima metà degli anni Novanta. Mostra al tempo stesso una mappatura ma anche uno spaccato delle istituzioni italiane di produzione, ricerca e didattica della musica elettronica (alcune di queste purtroppo non più in attività).

Anche di questi due volumi purtroppo non esistono più o quasi copie in circolazione. Bisogna affidarsi alla ricerca in biblioteca, agli archivi delle scuole di musica elettronica dei conservatori o, ancora una volta, agli archivi personali degli esperti del settore.

Chissà perché però, in tempi di espansione continua e sempre più democratica dei mezzi elettronici, non si ristampano questi volumi? Per quanto siano passai molti decenni, hanno ancora molto da dirci. Soprattutto se desideriamo non cadere in una visione storica standardizzata, sbrigativa e superficiale, che dimentica i retroscena sociologici, politici, artistici ed umani, e che purtroppo ritroviamo in molti materiali derivativi, a volte su carta, ma soprattutto online.

––––––––––––––––––––––––––––––

*Laura Zattra, Ph.D.

Nel 1998 frequentai gli Internationale Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt e mi innamorai definitivamente della musica contemporanea ed elettronica. Da allora, da oltre 20 anni, amo immergermi negli archivi fisici e digitali, privati e istituzionali, della musica elettroacustica.

Ciò mi ha permesso di costruire storie di opere (Chowning, Nono, Di Scipio, Sciarrino, Risset, Harvey, Höller, Graziani, Motz, Razzi, Fontana, Tudor, Cage, La Monte Young…), autori (Rampazzi, Zatti), centri (CSC di Padova, IRCAM di Parigi, CCRMA di Stanford), collaborazioni (Fabbriciani-Nono, Vidolin-Nono, i computer music designers, i sound designers, la nascita del movimento spettralista, Harvey e i suoi assistenti musicali), strumenti (il registratore Nagra, l’uso dei programmi MUSIC) e figure professionali emergenti (gli assistenti musicali, i sound designers).

Mescolo storia e analisi, filologia ed archeologia, storia orale, etnografia e sociologia, con un’enfasi sul rapporto musica-tecnologia e i media studies. Sono ricercatrice associata all’Ircam di Parigi (équipe APM) e all’IReMus (Sorbona), e attualmente professore a contratto nei conservatori di Bologna, Castelfranco, Rovigo, Vicenza. Sono co-capo-redattrice della rivista Musica/Tecnologia (Firenze University Press), membro dei comitati editoriali del Projet Analyses Ircam e di Organised Sound, e fondatrice e curatrice del sito www.teresarampazzi.it.

Autrice tra gli altri dei volumi Live-Electronic Music. Composition, Performance and Study(2018, con F. Sallis, J. Burle e V. Bertolani), Studiare la computer music (2011), Presenza storica di Luigi Nono (2011, con A.I. De Benedictis), Vent’anni di musica elettronica all’università di Padova (2002, con S. Durante).

https://lazattra.wordpress.com/

 

Viaggio tra le fonti elettroniche #1 | I primi libri in italiano degli anni Settanta ultima modifica: 2019-11-11T23:26:25+01:00 da Luisa Santacesaria

Lascia una risposta