Brevi storie di musica elettronica | Intro

di Johann Merrich*

[Pubblichiamo oggi l’introduzione a «Quattro “Brevi storie” per conoscere l’operato di alcune compositrici che hanno contribuito a disegnare il panorama elettronico italiano del secondo dopoguerra. Curiosità in pillole per ricordarci che è nostro compito ricostruire e tramandare le storie secondo un punto di vista critico, paritario e universale» (Johann Merrich)]

A partire dai primi anni Duemila, l’interesse di pubblici e studiosi ha iniziato a rivolgersi sempre più verso i contributi delle donne nella storia della musica elettronica. Questo risveglio ha toccato per lo più la letteratura dei paesi di lingua anglosassone, generando pubblicazioni come l’ormai classico Pink Noises di Tara Rodgers (Duke University Press, Durham & London 2010). Alla carta stampata si sono poi aggiunte le più svariate forme di diffusione delle informazioni: dalla interactive timeline di Vinyl Factory del 2014 alle playlist, come 7 hours of women in electronic music realizzata nel 2015.

Rassegne dedicate alle donne impegnate nella musica elettronica del passato e del presente, podcast, riedizioni discografiche e attività di fondazioni, università e collettivi, si sono felicemente accumulate attraverso i continenti. Iniziata quasi vent’anni fa, questa spinta verso la riemersione delle storie non ha mostrato segni di cedimento, permettendo la riscoperta dei nomi di alcune compositrici: Bebe Barron, Suzanne Ciani, Delia Derbyshire, Pauline Oliveros, Daphne Oram, Else Marie Pade, Eliane Radigue e Laurie Spiegel sono ormai presenze note della storia della musica contemporanea.

Alla luce di questi fatti, sarà interessante notare che in Italia, un paese così fondamentale nella forgiatura della musica elettronica, poco si è fatto per ricalibrare la resa della storia così per come andò, ossia una storia trasversale, fatta attraverso i contributi di uomini e donne. Proprio questo silenzio mi ha portato a scrivere Le Pioniere della Musica Elettronica (Auditorium Edizioni, Milano 2012) e a far confluire alcune mie ricerche da freelance in Breve storia della Musica Elettronica e delle sue Protagoniste (Arcana Edizioni, Roma 2019).

Nel 2009 l’unica altra attività di ricerca italiana in tema a me nota era quella di Laura Zattra, infaticabile tesoriera dell’opera di Teresa Rampazzi; la sua tesi di laurea, Da Teresa Rampazzi al Centro di Sonologia Computazionale (CIMS, Palermo 2002), è un modello unico per gli studi in materia in suolo italiano. Al fianco di Zattra si annoverava poi “Generando Musica Elettronica”, breve e pionieristico saggio di Claudia Attimonelli Petraglione all’interno di Futura, Genere e Tecnologia (Meltemi Editore, Roma 2006).

È dunque doveroso interrogarsi sui motivi che rendono difficoltosa la ricostruzione di una corretta storia della musica elettronica in Italia. Ed è altrettanto doverosa l’assunzione di una responsabilità personale: siamo noi a occuparci della costruzione della nostra storia, anche solo leggendo un piccolo contributo come questo.

La musica elettronica prodotta dalle donne nel nostro paese rimane per ora condannata a un’immagine sfumata.

Se la smettessimo di accettare pigramente quanto ci è dato dall’alto o di accontentarci di una manciata di nomi spesso sconnessi da un più ampio panorama universale, e cominciassimo invece a porci delle domande, a cambiare la nostra attitudine nei confronti delle storie, allora i nostri passati culturali potrebbero iniziare ad avere contorni più nitidi, sino a diventare immagini cristalline. In quest’ottica – utopica – si dovrà però operare un cambiamento profondo, a partire dai vizi radicati nel nostro uso della lingua italiana: poiché non esiste la musica azzurra o una musica al maschile, sarà il caso di iniziare a elidere dalle nostre abitudini goffi abbinamenti come “elettronica al femminile”.

Che ruolo ha la conoscenza del sesso del compositore durante l’ascolto di Spazio (1973) di Amedeo Tommasi o di Suoni della città (1972) di Maria Teresa Luciani?

È la diversa identità di genere a sancire differenze stilistiche e scelte compositive? Credo che la deflagrante potenza del brano Living sound di Maryanne Amacher possa mettere un punto al discorso.

L’inferiorità numerica delle donne impegnate nella musica elettronica rispetto al più cospicuo insieme formato dai colleghi maschi è un dato di fatto, ma ciò non dove per forza di cose spingerci a considerare “più speciale” la musica prodotta dalle autrici.

È solo da pochi anni che ho dato avvio alla mia investigazione sulla presenza delle donne nel panorama musicale elettronico italiano. La produzione di sonorizzazioni per documentari e servizi di cinegiornali (la cosiddetta library music) si è rivelata brillante come una vena aurifera affossata nelle profondità di un passato nemmeno troppo distante. Non essendo destinati al grande mercato ma rivolti agli operatori, gli Lp di library music difficilmente fornivano note biografiche o riferimenti che denotassero la storia o le esperienze dei compositori, spesso celati dietro diversi pseudonimi. È questo il caso di Kema, nome d’arte di Giulia De Mutiis (1938 – 1984) autrice di Alle sorgenti della civiltà, raccolta di otto sperimentazioni etnografiche create attraverso registrazioni di strumenti tradizionali ed editing di nastri magnetici.

Moglie di Alessandro Alessandroni, De Mutiis incide con lui Bassa Marea Pescatori (1973), lavorando poi all’unità mobile per sonorizzazioni The Pawnshop che vedrà anche la collaborazione di Piero Umiliani. Sono quelli gli anni del già citato un capolavoro Suoni di una città di Maria Teresa Luciani che lascia come tracce di sé Barocco 2000 (1972) e l’album psych-jazz Free Jazz (1972), quest’ultimo a svelare la parentela con il Maestro Antonio Riccardo Luciani. Autrice capace di spaziare dalle composizioni elettroniche incise nel suo studio casalingo alla scrittura di brani acid, jazz e funk, Daniela Casa (1944 – 1986) registra Lo sport nel 1971, inaugurando una prolifica carriera nel mondo della library.

I contributi delle donne nella costruzione della cangiante identità della storia della musica elettronica italiana attendono di essere scoperti da qualche parte, lì fuori.

img © Matteo Messinese

*Organizzatrice di suoni, Johann Merrich si occupa di ricerca e sperimentazione elettronica. I suoi progetti in solo ed ensemble – presentati a Santarcangelo Festival (2018) e alla Biennale D’Arte di Venezia (Padiglione Francia, 2017) – sono stati accolti come opening da artisti quali Zu, Teho Teardo, Mouse on Mars, Roedelius ed Evan Parker. Direttore artistico della netlabel electronicgirls, dal 2018  fa parte assieme a eeviac de L’Impero della Luce, duo dedicato alle sonorità dei campi elettromagnetici. Nel 2019 ha pubblicato per Arcana Edizioni il libro “Breve storia della musica elettronica e delle sue protagoniste”. A partire dal mese di maggio 2019, proporrà per musicaelettronica.it una nuova visione della storia della musica elettronica.

https://soundcloud.com/johann-merrich
http://johannmerrichmusic.wordpress.com/

Brevi storie di musica elettronica | Intro ultima modifica: 2019-05-22T10:02:59+02:00 da Luisa Santacesaria

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