I dischi del mese | ottobre 2019

di Marco Baldini

Riparte dopo la pausa estiva la nostra rubrica sui dischi, dove segnaliamo le uscite discografiche più interessanti dell’ultimo periodo.

  1. Riccardo La Foresta | Does the world need another drum solo? [YER 035]
Riccardo La Foresta è sicuramente uno dei percussionisti più interessanti attivi nel panorama italiano della musica di ricerca degli ultimi anni.
Da qualche anno porta avanti una ricerca approfondita su un sistema (totalmente autocostruito) che gli consente di utilizzare membranofoni alla stregua di uno strumento a fiato. Il livello di sofisticazione e padronanza tecnica a cui ha portato questo sistema – che ha chiamato drummophone e che ha presentato in anteprima al festival di Tempo Reale nel 2017 – sono impressionanti.
Does the world need another drum solo?  è composto da due pezzi (Yes / No) che ci presentano la più recente evoluzione del drummophone: il set up prevede due grancasse le cui membrane sono messe in vibrazione/risonanza da un flusso d’aria che, in questo caso, non è prodotto direttamente dal musicista (o meglio dalla sua bocca), come nella versione “classica” del drummophone, bensì da due compressori.
Il risultato è una sorta di musica elettronica acustica (mi si perdoni la formulazione ossimorica), in cui la staticità dei movimenti (non ci sono, volutamente, intenti narrativi in questi due brani) produce un flusso sonoro saturo di armonici che insieme al riverbero naturale dell’ambiente di registrazione (l’atrio dell’Ex Ospedale Sant’Agostino di Modena) conferisce ai pezzi una forte componente psicoacustica.
Qua il video di una esibizione di Riccardo La Foresta a Piattaforma Fantastica (Milano) che mostra come il drummophone sia stato utilizzato per la registrazione di Does the world need another drum solo? 
 

Does the world need another drum solo? è stato registrato e masterizzato da Renato Grieco ed è uscito su cassetta in edizione limitata per l’etichetta Yerevan Tapes a fine settembre 2019.

2.   Maryanne Amacher | Petra [BLANK FORMS] 

Petra è l’ennesima gemma che possiamo ascoltare grazie a Blank Forms, l’organizzazione no profit e piattaforma curatoriale dedicata alla valorizzazione di pratiche artistiche interdisciplinari come musica sperimentale, sound art, performance e danza. Blank Forms è anche etichetta discografica e ha un ristretto catalogo in cd e lp; un piccolo catalogo ma di incredibile importanza nel panorama attuale della discografia dedicata alla musica di ricerca (ne avevamo già parlato per un’altra uscita del 2019, Selection of 100 Modes of Hegikan Roku di Catherine Christer Hennix).
Maryanne Amacher (1938-2009) è stata un’artista seminale per la ricerca elettronica del secondo Novecento: è a ragione considerata una pioniera della sound art e della speculazione musicale nel campo della psicoacustica. Le sue composizioni spesso pensate per grandi contesti ambientali sono state documentate raramente su disco – se escludiamo i due cd per la Tzadik di John Zorn, Sound Characters (Making The Third Ear) del1999 e Sound Characters 2 (Making Sonic Spaces) uscito nel 2008, che raccolgono alcuni dei suoi pezzi elettronici più importanti e che hanno colmato un notevole vuoto documentario.
In questo contesto la pubblicazione di Petra risulta essere un frammento imprescindibile per la (ri)scoperta di Maryanne Amacher, anche perché è l’unica registrazione accessibile di un pezzo per strumenti acustici della compositrice americana.
Petra è un’opera che fu commissionata per l’edizione del 1991 dell’ISCM World Music Days, che quell’anno aveva sede a Zurigo. Si tratta di un pezzo per due pianoforti ispirato egualmente dalle impressioni che la Amacher ricevette dalla visita alla Chiesa di Boswil, dove il pezzo fu eseguito per la prima volta, e da un racconto dello scrittore di fantascienza americano Greg Bear intitolato, appunto, Petra. L’esecuzione impressa su disco è stata registrata nel 2017 nella chiesa episcopale di Saint Peter a New York, e vede al pianoforte Marianne Schoreder, che era stata con la stessa Amacher interprete della prima esecuzione a Boswil, e Stefan Tcherepnin.
Mentre ascoltavo Petra ho pensato a quali fra i pezzi per pianoforte solo che conoscevo potessero esservi accostati; i primi lavori che mi sono venuti in mente sono stati grandi pezzi della tradizione musicale americana del Novecento, come The Well Tuned Piano di La Monte Young (sebbene in Petra i pianoforti siano accordati canonicamente), Strumming Music di Charlemagne Palestine e, perché no, la Concord Sonata di Charles Ives (sebbene Petra brilli di una singolarità imparagonabile).
I credits di Blank Forms parlano del pezzo della Amacher come di “un’estensione diretta delle sue metodologie di lavoro per la composizione elettronica portate in una dimensione acustica che allude alla musica di Giacinto Scelsi e Galina Ustvolskaya”, tracciando così un parallelo ardito ma affascinante e fornendo un’ulteriore suggestione per la lettura dell’opera.

I dischi del mese | ottobre 2019 ultima modifica: 2019-10-29T09:24:59+01:00 da Luisa Santacesaria

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