di Agnese Banti, Andrea Trona e Francesco Vogli
[In occasione della prima fiorentina di XENAKIS | La Légende d’Eer, opera audiovisiva installativa e performativa progettata da Tempo Reale che sarà presentata a CANGO il 4 e 5 maggio per il festival La democrazia del corpo e al Museo Monumentale di San Francesco a Cuneo il 10 e 11 maggio per la rassegna FONORAMA, abbiamo chiesto ad Agnese Banti, Andrea Trona e Francesco Vogli (ideatori dell’allestimento visivo) di raccontarci come hanno lavorato a questo progetto con Francesco Giomi e il team di Tempo Reale. Il lavoro per XENAKIS | La Légende d’Eer, commissionato per la prima occasione da FontanaMIX e realizzato all’interno della rassegna EXITIME a inizio ottobre 2022, incrocia la creatività del team di Tempo Reale nell’ambito della composizione suono-luce (nello specifico Agnese Banti, Francesco Canavese e Francesco Giomi) e la ricerca di Andrea Trona e Francesco Vogli sul linguaggio luminoso e l’ingegnerizzazione e programmazione di dispositivi luminosi autocostruiti, ispirato proprio dall’installazione di Tempo Reale Giuseppe Chiari | La luce.]
La Légende d’Eer è un brano del 1977, che Iannis Xenakis compone tra lo studio della Westdeutscher Rundfunk di Colonia e il CEMAMu (Centre d’Études de Mathématique et Automatique Musicales) di Parigi. Nel 1978 Xenakis inserisce questo lavoro all’interno Polytope de Beaubourg, anche detto “Le Diatope”, opera installativa realizzata dal compositore nel 1978 per l’inaugurazione del Centre Pompidou di Parigi. I Polytope nascono come installazioni in cui Xenakis sperimenta l’utilizzo di più medium e li combina utilizzando un linguaggio di senso musicale.[1] All’interno di queste opere utilizza brani realizzati appositamente o sue composizioni esistenti come nel caso del Polytope de Persepolis in cui utilizza il brano Diamorphoses del 1957. Nel caso del Polytope de Beaubourg, Xenakis crea un’installazione architettonica, visiva e musicale, al cui interno viene diffuso il brano La Légende d’Eer, una composizione elettronica a sette tracce.
Nella nostra versione abbiamo seguito alcune suggestioni della realizzazione originale di Xenakis e abbiamo reinterpretato completamente la traslazione del linguaggio musicale verso il linguaggio visivo. Non c’è quindi una partitura luminosa originale che abbiamo seguito o delle indicazioni per la spazializzazione pre-esistente. Un saggio relativamente recente[2] scritto dal compositore Gérard Pape, e dedicato proprio all’esecuzione e all’ascolto del brano, è stato di ispirazione per quanto riguarda l’interpretazione del lavoro.
Sulla parte luminosa non avevamo nessun riferimento. Sapevamo solo che i dispositivi che avremmo utilizzato sarebbero stati molto diversi da quelli che hanno inaugurato il Centre Pompidou. Abbiamo immaginato, realizzato (con il preziosissimo aiuto di amici e amiche che si sono prestati/e ad assemblare in maniera seriale i pezzi dei dispositivi luminosi con noi) e utilizzato cento dispositivi luminosi led – come è possibile vedere nel disegno sottostante – autocostruiti e tratti dalla quotidianità, mentre Xenakis nel 1978 ha utilizzato più di mille lampadine, flash elettronici e superfici specchianti. Il lavoro del compositore greco era principalmente in aria e appeso alla struttura che lui stesso aveva progettato e costruito. Non abbiamo molte informazioni sull’uso degli specchi ma abbiamo immediatamente immaginato che fossero collocati a terra o sulle pareti e che riflettessero le illuminazioni sospese. Da questa suggestione visiva abbiamo scelto di portare l’idea luminosa su un altro piano e rivolgere lo sguardo al terreno, ribaltando così la versione originale, anche grazie alle possibilità di organizzazione dello spazio che offrivano i dispositivi luminosi autocostruiti. Inoltre, abbiamo voluto inserire un tributo a quella che era la struttura architettonica originale realizzata in materiale vinilico rosso: nella partitura luminosa c’è un momento in cui il rosso è totalmente predominante.
A proposito del “linguaggio di senso musicale”, concludiamo con una citazione del filosofo francese Olivier Revault d’Allonnes (Parigi, 1923 – Tréguier, 2009):
[…] perché se i Politopi sono, come dice il loro nome, delle opere spaziali, gli eventi situati nello spazio si trasformano e si susseguono nel tempo. E per questo i Politopi sono fondamentalmente, al di là delle apparenze, opere musicali o almeno di senso musicale. Come se si togliesse alla musica il carattere sonoro dei suoi eventi per isolare, per non conservare che il loro carattere temporale. Ma ci si assoggetta allora a progettarli nello spazio. Nozioni assolutamente correnti in musica, e più o meno inevitabili, come quelle di successione, di trasformazione, di contrasto, di ripetizione, di imitazione (successione di forme simili ma non identiche), cioè di frase, di tema e di sviluppo, di movimento, ecc., conservano il loro pieno senso nella fotofania, nello spettacolo luminoso dei politopi.[3]
[1] Rᴇᴠᴀᴜʟᴛ ᴅ’Aʟʟᴏɴɴᴇs O., Les polytopes, Balland, 1975.
[2] Pᴀᴘᴇ G., Interpreting Xenakis’ Electroacoustic Music: La Légende d’Eer in Performing Xenakis di Kᴀɴᴀᴄ S., Pendragon Press (11 agosto 2010)
[3] Rᴇᴠᴀᴜʟᴛ ᴅ’Aʟʟᴏɴɴᴇs O., Les polytopes, cit.
Tutte le immagini dell’articolo © Agnese Banti
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XENAKIS | La Légende d’Eer
per altoparlanti e dispositivi luminosi (2022)
Regia del suono: Francesco Canavese, Francesco Giomi
Partitura luminosa: Agnese Banti, Francesco Giomi, Andrea Trona, Francesco Vogli
Allestimento e dispositivi luminosi: Agnese Banti, Andrea Trona, Francesco Vogli
Tecnica: Francesco Canavese, Leonardo Rubboli, Andrea Trona, Francesco Vogli
Coordinamento: Agnese Banti
Produzione: Tempo Reale, FontanaMIX
Grazie a Maru Barucco, Tobia Caradonna, Andrea Ferraioli, Daniele Lambertini, Angelo Moretti, Federica Orlandini, Simone Sangiorgi, Francesco Trona, Giada Turini e Gianluca Vogli per la preziosa collaborazione alla costruzione dei dispositivi luminosi.
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