finestresonore~ | Il silenzio come atto musicale

di Mattia Loris Siboni

Quante volte lo cerchiamo? Quante volte ci spaventa e di conseguenza tentiamo di evitarlo? Quante volte invece ci investe, stupendoci? Irrompe nelle nostre vite quotidianamente, veicolato dai numerosissimi ambiti di cui fa parte: dall’ambito religioso, poetico a quello naturalistico, socio-antropologico o scientifico. Può stupirci in una camminata in montagna, lontani chilometri dal brusio urbano oppure può opprimerci dentro quattro mura. Il silenzio in sé non esiste, o meglio non ci è possibile ascoltarlo. Lo stesso John Cage (Los Angeles, 1912 – New York, 1992) sembra smentirne completamente l’esistenza dopo la sua visita alla camera anecoica di Harvard: 

Parecchi anni fa a Harvard sono stato in uno spazio del genere e ho sentito due suoni, uno alto e uno basso, e quando li ho descritti al tecnico incaricato questi mi ha spiegato che il suono ad alta frequenza era il mio sistema nervoso in funzione, quello basso era la circolazione del sangue. Sino alla fine dei miei giorni ci saranno suoni, e seguiteranno anche dopo la morte. Non c’è nulla da temere riguardo al futuro della musica. (Cage 1961: 15) 

L’entità che viene giustamente o ingiustamente chiamata silenzio quindi non è mai uguale a sé stessa proprio per le numerosissime accezioni e i diversi significati attribuiti a questa parola. 

Come compositore quindi, ma prima di tutto come ascoltatore, mi incuriosisce ricercare come tutto ciò si riflette in ambito musicale, come ogni sfaccettatura possa permeare il livello poietico e poetico di un’opera, così da svilupparne una consapevolezza più profonda. 

Sì, il silenzio potrebbe anche semplicemente essere visto come opposto al suono, ragionando quindi in termini di estremi: presenza o assenza, pieno o vuoto, ma è davvero tutto qui? O meglio, se posto in contrapposizione al suono, perché non dovrebbe conservarne i parametri e i paradigmi che sono giustamente stati attribuiti al suono durante tutta la storia della musica? Il silenzio in musica quindi è sempre uguale a sé stesso? Quante tipologie di silenzio possono esistere e quale potrebbe essere la loro funzione?

Sia chiaro, non esistono (per fortuna) risposte certe a queste domande, e l’indagine che segue di fatto non è assolutamente un tentativo di cattura del silenzio dentro rigide regole o schemi, ma la personale descrizione di un fenomeno acustico e delle conseguenze di tale fenomeno sull’individuo. In più, ogni successiva divisione in categorie non è da prendere come assoluta, si può considerare completamente osmotica con le altre.

Due eccellenti esempi dai quali si possono ritrovare spunti per la scoperta di varie tipologie e utilizzi del silenzio sono: Espaces Inhabitables (1966) di François Bayle (Tamatave, 1932) e l’immensa opera De Natura Sonorum (1975) di Bernard Parmegiani (Parigi, 1927 – Parigi 2013).

François Bayle, Espaces Inhabitables (1966) 

Bernard Parmegiani, De Natura Sonorum (1975)

Innanzitutto possiamo immaginare due principali campi di applicazione: banalmente il silenzio nella produzione (o riproduzione) musicale e il silenzio nell’ascolto, per quanto comunque non esista produzione senza ascolto e viceversa ascolto senza la produzione di un evento sonoro.

Successivamente si possono descrivere le diverse tipologie di silenzio suddividendole in macro e micro. Le macro-tipologie delineano profili del silenzio riferendosi a caratteristiche macroscopiche, alla base, come: oggettività o soggettività e grado di intenzionalità nella produzione o ascolto. 

Il silenzio si definisce quindi udibile quando esiste in quanto tale, è tangibile e, a patto di avere gli strumenti giusti per farlo, misurabile. È presente nell’attimo stesso in cui si manifesta, se ne può stabilire una forma o osservarne la direzione, delinearne un comportamento.

Il silenzio evocato invece non è egualmente percepito e non può essere analizzato oggettivamente. Evoca i legami estrinseci che ogni singolo ascoltatore è in grado di richiamare quando si trova davanti ad esso, comprende tutta la vastità delle sfaccettature che il termine in sé conserva. È un fenomeno astratto, che accoglie nella sua definizione la risultante emotivo-filosofica, la conseguenza di un fenomeno fisico messo in relazione al vissuto e all’esperienza di ogni singolo fruitore.

Nelle prime pagine di Le condotte musicali, François Delalande (Parigi, 1941) definisce trasparente o opaco un evento sonoro a seconda del significato e intenzione con il quale esso viene eseguito e/o percepito, definizione che si può applicare anche al silenzio: un silenzio trasparente è tale per convenzione, praticato e/o ascoltato a livello inconsapevole e senza alcun fine musicale, un silenzio opaco invece viene apprezzato e valutato, vi si riconosce una chiara intenzionalità e vi si pone l’attenzione musicale.

Il silenzio precede l’inizio di una performance e divide l’ultima nota dai primi applausi del pubblico, è l’istante di vuoto che si crea tra due fronti sonori (suono/silenzio/suono) ma è anche un atteggiamento di rispetto, scelto consapevolmente in favore di quello che sta avvenendo: queste e moltissime altre sono le caratteristiche che si possono individuare se parliamo di micro-tipologie di silenzio. Un compositore può sfruttare il silenzio di banda, ovvero l’assenza di un’intera banda frequenziale che va a creare un vuoto nello spettro acustico, un ascoltatore può sentirsi soffocato e oppresso da una totale assenza di suono percepita fisicamente con la stessa intensità di un fortissimo. L’aspetto affascinante è proprio che ogni accezione del termine silenzio può dare origine all’utilizzo di questo in ambito musicale, ed è quindi interessante ricercare costantemente nuovi spunti, individuare nuove tipologie, anche rifacendosi ad esperienze puramente personali.

Se quindi, come premesso, il silenzio totale e assoluto è irraggiungibile, possiamo parlare invece di soglia del silenzio: ogni elemento sonoro che supera un determinato sfondo sarà presente, ogni elemento che non si distingue da esso sarà considerato assente, dando come risultato il silenzio. Salvatore Sciarrino (Palermo, 1947), dal minuto 21’30” della registrazione di un incontro alla Biennale Musica 2016 a Venezia, descrive una propria idea di silenzio in relazione al concetto di soglia.

Salvatore Sciarrino, Venezia, Biennale Musica 2016

Questa indagine è stata oggetto della mia tesi di Diploma Accademico in Musica Elettronica presso il Conservatorio G.B. Martini di Bologna: Silenzio. Indagine tipologica e utilizzi nella musica elettroacustica. Il tema viene affrontato storicamente e secondo casi studio specifici, entrando nel dettaglio di quella che è la descrizione precisa di ogni singola macro e micro-tipologia individuata. Lo scopo della tesi, e di conseguenza di queste riflessioni, è quello di dimostrare quanto l’entità riconosciuta come silenzio rientri invece nel macro-insieme di ciò che è sonoro a trecentosessanta gradi. Parlando quindi di fatto complessivamente di suono, il silenzio ne può condividere le sue diverse caratteristiche, gli aggettivi con cui viene descritto, i vari campi di applicazione, la totalità dei parametri e paradigmi. Scegliere il silenzio è quindi un atto totalmente musicale.

Bibliografia

Cage, John (1961), Silence, Wesleyan University Press, Middletown (trad. it. Silenzio, Shake edizioni, Milano, 2010). 

Cosottini, Mirio (2015), Playing with silence – introduction to a philosophy of silence, Mimesis International, Milano. 

Ferrari, Emanuele (2013), Ascoltare il silenzio – viaggio nel silenzio in musica, Mimesis Edizioni, Milano-Udine. 

Gann, Kyle (2010), No Such Thing As Silence, Yale University Press (trad. it. Il silenzio non esiste, Isbn Edizioni, Milano, 2010). 

Guardabasso, Giovanna e Marconi, Luca (1993, a cura di), François Delalande, Le condotte musicali – Comportamenti e motivazioni del fare e ascoltare musica, Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna, Bologna. 

Kagge, Erling (2016), Stilleth i støyens tid. Gleden ved å stenge verden ute, The Italian Literary Agency and Stilton Literary Agency (trad. it. Il silenzio, Giulio Einaudi editore, Torino, 2017). 

Nattiez, Jean-Jacques (1987), Il discorso musicale – Per una semiologia della musica, Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino.

[artwork © Agnese Banti]

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La rubrica finestresonore~ racconta l’identità molteplice di persone, approcci, opinioni e interessi all’interno del campo della musica sperimentale e delle arti sonore che dà vita a Elettronica Collettiva Bologna~, ovvero un pensiero musicale e una realtà collaborativa nati nella Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio G.B. Martini di Bologna.

finestresonore~ | Il silenzio come atto musicale ultima modifica: 2020-11-05T09:26:22+01:00 da Luisa Santacesaria

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