Immersione nella memoria ritrovata. L’installazione multimediale di Levi, Nono, Samonà, Risi, BBPR

di Paolo Alberto Samonà

Vibrante dialogo di pieni e vuoti, risonanze visivo-sonore che emergono e scompaiono. Volti, figure, accadimenti, gemiti, grida, segni che lottano per sopravvivere alla cancellazione nera. Il visitatore, uomo presente che attraversa il passato, cammina lungo la soglia tra due universi solo apparentemente discontinui.

L’8/5/2019 è stato riaperto a Firenze presso l’EX3 il Memorial dei deportati italiani ad Auschwitz. L’opera è un cammino che attraversa una gigantesca spirale elicoidale di tela estesa 650 mq, progettata da Lodovico Belgiojoso (BBPR) e dipinta da Pupino Samonà; un viaggio aperto da un’epigrafe scritta da Primo Levi e scandito dal suono di Luigi Nono. Ideazione corale, compenetrazione organica di pittura, architettura, poesia e musica, sotto la regia di Nelo Risi. È uno dei più antichi e struggenti esempi di installazione multimediale pensato da alcune tra le menti più sensibili del ‘900, all’interno di una visione e un processo creativo partecipato e condiviso.

Voluto dall’ANED[1] in ricordo di tutti i deportati italiani nel campo di Auschwitz e inaugurato nel 1980 dopo circa 10 anni di progettazione e di lavoro, il Memorial, per un macabro scherzo del destino, ha vissuto sul proprio corpo la deportazione e ha rischiato la cancellazione, condividendo fino in fondo la sorte delle donne e degli uomini cui è dedicato. La Toscana ha trasformato questa storia in una testimonianza di cura e accoglienza, affidando l’opera al restauro e alla riprogettazione di specialisti come l’Opificio delle Pietre Dure, Cooperativa Archeologia, Studio Belgiojoso e Tempo Reale; e restituendola al pubblico.

Il Memoriale chiede l’immersione in una delle pagine più nere della Storia. Il testo di Levi avverte il visitatore: “da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo.” Stessa direzione indica Il titolo della musica di Nono, Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz.

La struttura a spirale impone un attraversamento “dentro” l’opera pittorica. Non si tratta di scelte puramente artistiche, ma necessità dettate dalla natura multiforme stessa della memoria, che se da un lato volge indietro lo sguardo contemporaneamente penetra e interroga il presente. Gli autori documentano la deportazione attraverso volti, simboli e persino nomi delle Aziende che furono complici.

Però la necessità non è solo quella di combattere lo sgretolarsi della memoria, bensì preservarne la vitalità, la capacità di attraversare il tempo; restituire contemporaneamente quegli aspetti non particolari, quei meccanismi umani che hanno portato e possono riportare il mondo a precipitare nell’odio. Ogni elemento del Memorial sembra relazionarsi a un Auschwitz presente che muta volto perpetrando le stesse ingiustizie, e domandare al visitatore: — qual è il tuo posto oggi in questa storia? —

“L’esperienza artistica che documenta” agisce in modo diverso e per certi versi più vivo e profondo sull’uomo rispetto al “documento che informa”; quest’ultimo subisce inevitabilmente la progressiva erosione del tempo; un tempo che se non ne intacca la parte superficiale crea però un vuoto sempre più profondo tra la storia e l’esperienza, tra gli eventi e la possibilità di immedesimarvisi. Mantenere un rapporto empatico significa realmente “ricordare”, che è cosa ben diversa dal conoscere o essere informato; vuol dire custodire un legame.

La spirale racconta la caduta dell’uomo in un vortice d’odio reiterato, somministrazione di violenza che non concede tregua né via d’uscita, un abisso che avvelena lentamente la luce:

(…) Fame che strazia e non fa morire

freddo che paralizza e non congela,

pioggia che macera e non affoga,

percosse che avviliscono e non uccidono…

tutto si copre di fango, si smorzano

sapori e colori (…) [2]

Belgiojoso parla proprio di “Spire di vite senza fine” in questa poesia scritta durante la sua prigionia a Mauthausen-Gusen nel novembre 1944.

La pittura scorre parallelamente su due binari: uno curvo e astratto, fatto di soli, abissi, paesaggi siderali, energie e gesti universali che da sempre accompagnano i silenzi dell’essere umano; e un altro lineare che congela volti, vicende e attori che hanno partecipato a quel particolare tratto dell’esistenza umana. Ma “Gli inserti figurativi andranno scomparendo, ho utilizzato un tipo di colore (…) che sbiadisce a contatto con la Luce: i ritratti scompariranno, rimarrà un fantasma subliminale, una traccia di colore a raccontare di quella tragedia” rivela il pittore nel 2006 in una delle sue ultime interviste.[3]

La trama sonora mescola fonti umane, strumentali ed elettroniche sembra nascere tra le spire del Memoriale. Le informazioni spaziali del materiale sonoro spesso glissate, l’andamento vorticoso in perenne contrazione-dilatazione, rintracciabile tanto nella struttura quanto nelle singole cellule, restituiscono una continua intersezione dei piani vicino-lontano, un attraversamento continuo dello spazio del visitatore.

Questo carattere fluttuante collide con la densità dell’area 1000-3000 Hz che al contrario conferisce presenza, trattandosi delle frequenze alle quali l’orecchio è più sensibile. Le voci sembrano echi spettrali e assenti, eppure occupano la parte più materica che un suono possa avere: sono collocate dov’è obbligatorio udirle.

Il registro grave, che agisce sulla parte viscerale della fruizione e sintonizza gli organi del tronco con le sorgenti sonore, è estremamente rarefatto. I suoi rari interventi trascinano improvvisamente “dentro” e sembrano ripetere al visitatore “ricorda che non sei estraneo”. Nello stesso tempo la sua prevalente assenza mostra un Nazismo senza maschere, un universo gelido, estraneo, che distrugge quel poco calore che lo attraversa.

Il visivo ed il sonoro si completano per offrire una verità non semplificata. La pittura illumina gli ultimi metri della spirale con la liberazione e accompagna il visitatore sopravvissuto, insieme agli altri sopravvissuti, fuori dall’abisso, mentre il suono restituisce la voce delle vittime, evoca la sofferenza, l’Umanità perduta per sempre.

img © Paolo Alberto Samonà

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Link di approfondimento:

Info pratiche:

Memoriale italiano di Auschwitz
Via Donato Giannotti 75/81

Visite gratuite con percorso guidato su prenotazione

Orario visite
Lunedì e sabato: 9.30, 10.30 e 11.30
Domenica: 15.30, 16.30 e 17.30
Domenica Metropolitana (prima domenica del mese): 10.30, 11.30, 12.30, 15.30,16.30, 17.30

Prenotazioni
Partecipazione gratuita, prenotazione obbligatoria
pubblico: info@muse.comune.fi.it 055 2768224
scuole: didattica@muse.comune.fi.it 055 2616788


[1] Associazione Nazionale Ex Deportati.

[2] Belgiojoso in, Marzia Ratti (a cura di), Non mi avrete, disegni da Mauthausen e Gusen. La testimonianza di Germano Facetti e Lodovico Belgiojoso, Silvana Editoriale, La Spezia, 2006 (LBB, Non mi avrete).

[3] Giulia Ingrao a cura di, Il memoriale italiano di Auschwitz, l’astrattismo politico di Pupino Samonà, Kalos, 2010, Palermo. (pag.18) (intervista 2006).

 

Immersione nella memoria ritrovata. L’installazione multimediale di Levi, Nono, Samonà, Risi, BBPR ultima modifica: 2019-06-25T09:17:30+02:00 da Luisa Santacesaria

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